sabato 3 agosto 2013

Libera Margherita

Mi trovo per qualche settimana in vacanza in Italia. Non posso non passare a salutare la bianca Margherita, il coniglio che dà il titolo a questo mio blog. La trovo piuttosto ingrassata, e impigrita dal caldo afoso. La sua gabbia piccola piccola la contiene a malapena. Non le impedisce però cercare un po' di coccole. Infila il musino fra le sbarre e aspetta paziente che la si accarezzi. A dir la verità, basta chiamarla da lontano, chicca, chicca, perchè si agiti nell'attesa. Come racconta la volpe a Il Piccolo Principe, la bianca Margherita ora conosce il rumore dei nostri passi.

Un giorno all'improvviso, però, scopriamo che Margherita potrebbe vivere in un campo grande, pieno di altri conigli selvatici, galli e galline, fuori dalla sua gabbietta che conosce come le sue tasche - se le avesse. Presi accordi col proprietario del campo, provvediamo al trasferimento. Libera Margherita. Appena la appoggiamo sull'erba inizia a saltare di quà e di là, corre, annusa. Dopo qualche minuto però si rifugia in un angolo, forse straniata da questa nuova dimensione. Si fa coccolare, esattamente come nella sua gabbietta, allungando il musino. Addio Margherita, è ora di salutarsi. Mio nipote, il padroncino, dice che verrà a trovarla tutti i giorni. Intanto Margherita, dal suo angolo, non si muove.

Racconto a mio marito quanto successo. Lui ne è contento. Ha sempre detto che quella gabbia era troppo piccola, povero coniglio. E io gli ho sempre risposto, "Ma cosa dici?! Margherita ha un padroncino che le porta da mangiare tutti i giorni, la coccola, la chiama per nome." Ora invece corre nel campo. Dovrebbe. Speriamo che abbia iniziato! Ma preferirà questa nuova solitaria libertà alla gabbietta di cui conosceva ogni angolo, alla vita da coniglio addomesticato, al suo nome urlato dai bimbi, alle coccole di tante persone? Mio marito non ha dubbi, certo che preferisce essere libera. 

Fuor di merafora, la vicenda di Margherita tocca in me corde profonde. Ho vissuto i miei primi trent'anni in uno spazio piccolo, che conosco come le mie tasche. Ho costruito sicura in quello spazio, diventando quello che ero. Ho vissuto in mezzo a gente che preferisce il conosciuto e si fida del conosciuto. Non mi sono mai sentita in gabbia. Al contrario, ho amato ogni angolo di quella vita e ogni suo rito. Ho amato sentirmi chiamare per nome. Poi, un giorno, sono partita. Ho lasciato lo spazio piccolo piccolo che conosco per assaporare una nuova dimensione. Ho lasciato il conosciuto e ho poggiato i piedi su una terra nuova e ho visto, e continuamente vedo, cose nuove. Come la bianca Margherita. Ma non è stato facile. O meglio, è difficile. Lo spazio ora è troppo grande perchè possa conoscerlo come le mie tasche, e i riti cambiano di mese in mese - come ad esempio una decina di lavori in poco più di due anni. Lo stesso vale per mio marito, ad eccezione dei riti. Lui di lavori ne ha cambiati solo 2. Ma preferiremo questa dura libertà allo spazio piccolo piccolo dove siamo cresciuti, che conoscevamo come le nostre tasche, e dove venivamo chiamati per nome? Mio marito non ha dubbi.




lunedì 22 aprile 2013

La terra dei granchi

Dopo quasi tre anni nella soleggiata Bay Area - soleggiata qualche mese all'anno, per essere onesti - ho finalmente raggiunto una nuova certezza: ho il dono della scrittura! Modestamente. In fondo in due anni ho pubblicato un totale di 9 posts in ben due blog di scarso successo, scritto 4 racconti che nessuno ha pubblicato, e qualche nota sul mio profilo FB.... Armata di questa nuova consapevolezza, prendo una nuova importante decisione: è arrivato il momento di fare della scrittura il mio lavoro! O un tentativo di lavoro. O anche solo parte del mio lavoro...

Piena di verdi speranze e un po' di sana ingenuità applico, e applico, e applico, finché un bel giorno, inaspettatamente, ottengo una risposta: un'agenzia di marketing è interessata ad offrirmi un contratto da web content writer per un loro cliente. Un progetto piccolo, poche ore, ma a lunga durata: insomma, l'inizio necessario per una carriera che si potrà poi muovere con più facilità. Evviva, evviva! Sono assolutamente estasiata! Finalmente un segnale positivo nel mezzo di tanta confusione e, spesso, scoraggiamento. Mi metto immediatamente in contatto con l'agenzia che mi chiede un sample, un piccolo esempio delle mie capacità da creative writer. Il contenuto non è particolarmente interessante, ma la gavetta posso farla senza troppi problemi. Devo scrivere il profilo di una ragazza per un sito dove si cerca l'anima gemella. Si tratta di poco più di 100 parole, un testo molto breve, ma una volta scritto spendo molto tempo in quel labor limae che definisce il grande scrittore. Forse esagero... in fondo sono sempre le solite cose... ma voglio che sia perfetto!

Una volta mandato il mio piccolo testo, inizia l'attesa. E se non gli piace come scrivo? E se ho fatto qualche errore di battitura? E se il tono non è appropriato? Così consumo 3 giorni in attesa, in mezzo a domande e dubbi. Ma finalmente arriva la risposta! Il mio testo sembra essergli piaciuto, mi stanno offrendo il contratto! La mail descrittiva è lunghissima, e così, in preda all'entusiasmo, la leggo molto velocemente. Le ore settimanali di lavoro e la paga sono perfetti. Posso lavorare da casa, perfetto. E i contenuti già li conosco. Non ci posso credere al colpo di fortuna che ho avuto! E così, gongolando, arrivo all'ultimo paragrafo, dove una frase mi coglie alla sprovvista: viene menzionato del materiale grafico esplicito. Eh? Forse è meglio che ne parli con mio marito prima di confermare il mio interesse. Così gli inoltro la email. Non passa nemmeno un minuto che mi risponde, Ma l'hai letta la mail? Beh, effettivamente l'ho solo scorsa molto frettolosamente.... Forse conviene rileggerla... Ed è proprio nelle prime righe che l'agenzia specifica che il sito web per cui dovrei scrivere è un sito per adulti! Ooohhh! Ma come? No, no no! Uffff.... 


E così, col grosso granchio preso che ancora mi pizzica le dita , mi metto di nuovo al computer, Gentile Rosa, La ringrazio per la proposta .... Il mio brillante futuro da scrittrice, a quanto pare, dovrà ancora attendere... Da oggi, però, sicuramente leggerò per intero le email di lavoro che mi arrivano!

lunedì 1 aprile 2013

Inno a colui che "viene da Marte" (Cit. J. Gray)


Bip. Bip. Bip. Silenzio. Bip. Bip. Bip. Ancora silenzio. Ci vuole un attimo prima che mi renda conto che e' l'allarme per il monossido di carbonio che sta suonando nel mezzo della notte. Aiuto! Mio marito, di fianco a me, non reagisce. "Jack... Jack... Svegliati! Vai a vedere cosa succede!" Dopo qualche mugugno incomprensibile si alza, e va. Io me ne rimango sotto le coperte, in attesa. L'allarme suona, poi smette, poi suona, poi smette di nuovo. Mio marito ritorna. "Fatto," dice. "Fatto che?" domando io. "Credo fosse per il camino. Avevo chiuso la cappa... Comunque a posto adesso, ho tolto le pile all'allarme!"
Attimo di silenzio.
"COME HAI TOLTO LE PILE!?!?!?"
Senza bisogno di dire null'altro, mio marito torna indietro.
"Dove sono le istruzioni?" grida dalla cucina. "Nel mobile sotto il telefono!" rispondo io dal letto, sempre al caldo sotto le coperte. Questo scambio di battute si ripete identico per 4 volte. Alla fine credo che rinunci.
Intanto il bip ha ripreso, forte come prima. I minuti passano, non succede nulla. Sconfitta, mi alzo. In cucina la temperatura e' polare, essendo porte e finestre aperte. Mio marito non si vede. Apro l'armadio sotto il telefono e prendo le istruzioni. Esco in giardino, e le consegno a mio marito. "Ah, grazie. Dov'erano?" mi chiede. "Nell'armadio sotto il telefono," rispondo io. "Ah... ma non c'erano prima..." aggiunge.
Apre le instruzioni, inizia a leggere. Rimaniamo in giardino. Ha tolto l'allarme dal muro, e lo ha appoggiato sul tavolo fuori, cosi' almeno non suona piu'. In ordine: entra e apre la cappa del camino, ma l'allarme, una volta riagganciato al muro, suona ancora; cambia le pile, idem; testa l'allarme, idem. Alla fine decide di resettare l'allarme. E questo smette di suonare. Vittoria!
Finalmente torniamo a letto, congelati, un po' storditi. Ma mio marito pero' rimani in piedi, di fianco al letto. Dopo qualche minuto gli chiedo che cosa stia mai facendo li', in piedi, immobile, invece che mettersi a dormire. "Beh, ho portato l'allarme di qui, per controllare che non cia sia monossido di carbonio in stanza..." 
Ecco... o niente... o troppo!