lunedì 26 gennaio 2015

Nel giorno del mio compleanno (con quasi due mesi di ritardo... argh...)

Quando ero piccola e pensavo al futuro, immaginavo che serei morta giovane, proprio al cambio del millennio, pochi giorni dopo aver celebrato il mio 22esimo compleanno.  Immaginavo che mi sarei lasciata alle spalle una famiglia con tanti bimbi, un lavoro, una casa, gli amici, tanto bene dato e ricevuto. Non c'era nemmeno l'ombra del rimpianto per la partenza da questa terra, o una seppur minima tristezza - questo rende forse l'argomento un po' meno macabro! Avrei avuto una vita breve, ma gloriosa, anche se di quale gloria si trattasse, non ne ero sicura.

Sono passati molti anni ormai, e sto vivendo quel futuro che immaginavo, anche se molto diversamente da quanto previsto. Sono ancora viva e vegeta, ma in compenso non ho figli, non ho un lavoro, non ho una casa mia - siamo in affitto in una casa delle bambole in un piccolo angolo di Silicon Valley decisamente lontano dal glamour del suo centro. Quando arriva il mio compleanno, inevitabilemente arriva anche questo ricordo, e i bilanci ad esso legati. Spesso la bilancia pende dalla parte sbagliata, e qualsiasi tentativo di rimediare sembra non portare da nessuna parte.

Accade a volte però che l'unica evidenza del giorno del compleanno sia un'altra, grazie a Dio: il bene ricevuto, ancor prima che dato. Mi sono così ritrovata sommersa di bene. Del bene degli amici cari di sempre, supper lontani un continente e un oceano; ma anche del bene di amici appena trovati e non più lontani di qualche isolato. Del bene della mia famiglia, che nel frattempo si è moltiplicata: mio marito, la mamma e il papà, un fratello e due nipoti di sangue, e tanti fratelli e sorelle, e un'altra mamma e un altro papà, e tanti altri nipoti, guadagnati gratuitamente e immeritatamente; e le zie, i cugini; la lista continua e continua.

Quest'anno, dunque, questo bene mi ha sopraffato; è arrivato presto la mattina, e si è subito insinuato nei miei occhi, per arrivare al mio cuore, e non permettere al futuro immaginato di diventare l'unica parola sulla giornata, e su di me. Ha vinto, mi ha vinto, pronunciando lui l'ultima parola. Grazie.